lunedì 23 novembre 2009

White Christmas... why Christmas?

Autore: Simo

Se ne sente parlare parecchio ultimamente:

http://www.corriere.it/cronache/09_novembre_23/giuseppe_spatola_africani_in_piazza_tensione_nel_paese_del_white_christmas_3043622a-d7fc-11de-a7cd-00144f02aabc.shtml

http://www.zenit.org/article-20405?l=italian

http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/cronaca/immigrati-13/viaggio-paese/viaggio-paese.html

http://www.libero-news.it/webeditorials/view/3655

L'iniziativa"White Christmas" portata avanti dal sindaco di Coccaglio Franco Claretti ha assunto varie forme a seconda della tendenza politica: su Repubblica viene definita una "caccia al clandestino in nome del Natale"; sul Corriere della Sera è un'"operazione per allontanare i clandestini"; su Libero, Fini la definisce una "stronzata". Sono propenso a credere che sia tutte e tre le cose. Come sempre accade, farsi un'idea chiara della portata della faccenda è complicato, anzi in questo caso impossibile dato che "mentre nel paese si discute e si commenta, l'amministrazione ha scelto il silenzio." Ma il problema è alla radice. Perchè il Natale?
Che la gestione dell'immigrazione in Italia sia una questione più che problematica mi sembra ormai ben chiaro. A questo proposito cito alcune parole intelligenti proferite da Calderoli (perdonate il paradosso): "È una stronzata, per usare il linguaggio di Fini, illudere gli extracomunitari che il nostro è il Paese di 'Bengodi’ e che c'è lavoro per tutti, visto che il lavoro manca in primo luogo ai nostri cittadini. Fare questo è pura demagogia e allora si spalancano le porte a migliaia di persone destinate a finire nella rete delle illegalità, della criminalità o dello sfruttamento. E non è dando il voto che si risolvono i problemi dell' integrazione: uguali sì, lo sono tutti gli uomini quando nascono, ma l' integrazione e l' accoglienza prevedono non delle belle frasi ma degli atti concreti e molta intelligenza nel sapere costruire. E, per finire, l'uguaglianza d'origine prevede che ci sia anche un cammino di civiltà condivisa, senza la quale si crea solo lo scontro tra popoli e tra culture".
Insomma, se perfino Calderoli se ne rende conto, vuol dire che è proprio palese: il tema dell'integrazione è complicato. Ma di certo utilizzare il Natale come pretesto, anzi peggio come OCCASIONE per compiere dei rastrellamenti è quanto di più schifoso si possa concepire. E' un concentrato di ipocrisia! Già il Natale di per sé è una festa totalmente ipocrita, dal momento che tutti sanno che Gesù Cristo non nacque il 25 dicembre (ci si può anche arrivare: secondo voi in pieno inverno i pastori uscivano con le pecore al pascolo in piena notte?) e tutti sanno che si tratta di una ricorrenza di stampo puramente consumista. In più questa iniziativa eleva al quadrato l'ipocrisia perchè si fa scudo dei valori cristiani per allontanare degli immigrati, di cui molti sono cristiani! Che strano, ero convinto che uno dei valori fondanti del cristianesimo fosse l'amore reciproco, ero convinto che fossimo tutti uguali, che un buon cristiano dovesse fare agli altri ciò che vorrebbe fosse fatto a lui e così via... Devo essermi sognato tutto. Forse mi è sfuggito un versetto, non so vedrò di aggiornarmi. Questo è un Natale che non si tinge del bianco della neve ma del bianco dei cappucci del K.K.K. !
La ciliegina sulla torta è la reazione della gente:
"Il nome lo conoscevo, "White Christmas", ma sinceramente non ci ho mai fatto caso - dice Romina, dietro il bancone della caffetteria Ketty - il problema è che del Natale a loro non gliene frega niente. Il nome forse è sbagliato, ma l'operazione, quella no. Loro qui non ci vengono. Perché fortunatamente con gli immigrati non ho mai attaccato". Il bar è un posto tranquillo. Entrano ed escono i clienti. Quattro sono seduti al tavolo. Arriva anche Monica, l'estetista del negozio accanto. "I miei figli hanno solo amici extracomunitari. Uno ha 14 anni, l'altro 12. Vanno in giro sempre con due romeni e due africani. A Coccaglio sono tantissimi. Io però non voglio che escano con questi. È razzismo questo?". Ma una ragione vera non c'è. "Mi chiede perché? Perché no. Non mi va. Non mi vanno nemmeno i loro genitori".
Ammettere di essere razzisti è sconveniente oggigiorno e mi sembra sempre più che questa sconvenienza sia il motivo principale che anima la falsa tolleranza. Nessuno ammette di essere razzista, ma se dovesse mai essere promulgata una legge che rende legale e morale il razzismo (brrrrrrrr!!!) sarei proprio curioso di vedere quanti continuerebbero a dirsi tolleranti. Il razzismo è più che mai radicato in Italia, inutile fingere che non sia così. Ne abbiamo prova ogni giorno. Nei telegiornali, sui quotidiani, ma ancora di più nella vita di tutti i giorni. Negli sguardi colmi d'odio della gente sul pullman che si alza dal posto a sedere perchè in quello accanto si è accomodata una persona con la pelle di un colore diverso. Nel disagio che la gente prova ad avere a che fare con chi è diverso, in qualunque campo, sotto qualsiasi aspetto. Non mi dimenticherò mai quella sera a Parigi, con la mia ragazza e due nostri amici. Entrammo in un fastfood parigino e uno dei nostri amici (anche se non l'ho considerato più tale dopo un'uscita simile) espresse tutto il suo entusiasmo per le pietanze del menù... questo prima di accorgersi che tutto il personale fosse straniero: "Oh ma sono tutti neri qua! Cambiamo posto..."

mercoledì 4 novembre 2009

La patente di voto.

Autore: Simo

Guidare è un diritto di tutti. Ma non tutti possono guidare, questo perchè guidare comporta una responsabilità diretta sulla vita, propria e altrui. Il conseguimento delle conoscenze teoriche e delle capacità pratiche necessarie ad una guida sicura viene certificato dal conseguimento della patente. Semplice, chiaro, cristallino. Chi potrebbe contestare quanto ho appena scritto?
Applichiamo ora questo ragionamento non alla guida, bensì al voto.

Cosa vuol dire votare? Votare non significa solo esprimere una preferenza. Votare significa decidere della vita, propria e altrui. Preso atto di questo, è giusto asserire che tutti hanno il diritto di votare? Io dico di no. Proprio perchè il voto coinvolge più persone (uno stato intero!) non è corretto dare a tutti la possibilità di recarsi alle urne perchè, proprio come la guida, il voto è una questione di responsabilità verso gli altri e verso sé stessi. Vi pongo un esempio molto semplificato, ma che spero possa rendere l'idea.

Ci sono 2 persone: A e B. A si informa, conosce la storia d'Italia, sa che cosa significa parlare di fascismo, comunismo, nazionalismo (etc etc...), conosce i punti salienti dei programmi dei partiti che si sottopongono ad elezione e quindi sceglie consapevolmente e responsabilmente il candidato che secondo lui potrà portare benefici a lui e al paese. B invece non sa nulla, non si informa, a malapena parla correttamente italiano, non ha idea di chi ci sia al governo e all'opposizione, non sa nemmeno cosa propongono i politici più in vista (figuriamoci quelli minori), non ha senso civico e quindi va a votare quasi per sport e sceglie inconsapevolmente e irresponsabilmente il candidato più bello o più simpatico o che ha sentito nominare di più in TV, convinto che per questi motivi del tutto superflui possa portare benefici a lui e al paese. Sia B che A hanno pari diritti di voto, ma nel caso in cui il voto di B fosse diverso da quello di A, andrebbe ad annullarlo e viceversa. Però tra i 2 quello che subirebbe lo smacco più grande sarebbe sempre A, perchè facilmente B, non avendo la minima coscienza politica, finirebbe col votare non solo contro gli interessi di A, ma anche contro i propri e quelli del paese semplicmente perchè non ha idea di chi sia il politico da votare per trarre realmente dei benefici effettivi!
Eccovi qualche esempio di persona B:



Insomma, ognuno ha il diritto di votare chi vuole, ma ha anche il diritto di avere la certezza che le elezioni si svolgano tra persone veramente in grado di esprimere un giudizio sulla politica. Nella giuria di un concorso musicale non ci mettono un tabacchino, un avvocato e un pescivendolo, ma dei musicisti. Allo stesso modo, alle elezioni si esprime un giudizio, non sulla musica, ma su chi merita o no di sedersi sulle poltrone con la P maiuscola. E quindi è giusto che chi esprime tale giudizio (l'elettore) dimostri di avere le capacità per farlo, perchè chi vincerà le elezioni agirà non solo su chi l'ha eletto, ma su tutti gli elettori.

Navigando nel world wide web ho trovato vari forum e blog che trattano il tema della patente di voto, con visioni diverse e spesso molto contrastanti. Se siete interessati, fatevi un giro su internet, qui tratterò il modo in cui IO svilupperei questa idea.

La patente di voto (chiamiamola 'p.d.v.') dovrebbe essere concepita in maniera simile alla patente di guida, ma privata della parte pratica. Raggiunta l'età minima per votare, arriva il momento di prendersi la p.d.v., senza la quale il voto non è possibile. La preparazione deve essere offerta dallo Stato, perchè è per lo Stato che si vota. Ad un periodo di studio in cui si affrontano i must della storia mondiale ed italiana segue un aggiornamento sui punti salienti dei programmi di ogni partito che si presenta alle prossime elezioni. Si passa poi alla certificazione tramite esame che, se superato, si concretizza nella p.d.v. Una volta conseguita la p.d.v., si ha il diritto di votare. Prima di ogni elezione sarà richiesto un breve aggiornamento su partiti e programmi.

In tal modo, si garantirebbe la partecipazione alle elezioni esclusivamente a chi si interessa davvero del destino del paese e si avrebbe un'uguaglianza genuina, forse della vera democrazia.

Sembra un sistema perfetto... poi però mi ricordo che sono in Italia e che questo rende quanto detto inattuabile. Anzi, potrebbe addirittura peggiorare la situazione. Infatti, chi garantisce che il sistema di informazione alla base della p.d.v. non venga corrotto proprio da coloro che dobbiamo votare? Quello che sembra essere un possibile mezzo di vera democrazia potrebbe così trasformarsi nella chiave di volta per l'istituzione di una dittatura. E così ci troviamo costretti a vedere alle urne gente che pensa che l'attuale Presidente della Repubblica sia Berlusconi, che Ciampi sia il Presidente del Consiglio, che se sei contro Berlusconi sei comunista, che se sei di sinistra sei un coglione, che non sa cos'è la Costituzione, che non sa che idee vengano proposte dai politici (nemmeno da quelli che alla fine votano) e potrei continuare all'infinito perchè il museo dell'ignoranza politica italiana ha ingresso ma non ha uscita. Del resto è dell'ignoranza che la politica attuale si ciba, la politica attuale non esisterebbe in un paese dove la maggioranza degli elettori è acculturata ed informata. Vi pubblico di seguito parte dell'intervento del magistrato Nicola Gratteri al programma Che tempo che fa, con la citazione di una frase, ivi enunciata, inerente a quanto appena detto.



Chiunque è al potere, sia esso di destra o di sinistra, non vuole un sistema giudiziario forte ed una scuola che funzioni, perchè avere un sistema giudiziario forte vuol dire poter quindi poi controllare il manovratore; una scuola efficiente vuol dire della gente colta, dei ragazzi colti, gente dotta e quindi gente pensante, che non può accettare o assuefarsi a certi modi di vivere o a certe situazioni, a certe condizioni.

A lezione di marxismo.

Autore: Simo

Avete presente quei ragazzi che vi fermano per strada ogni maledetta volta che entrate ed uscite dall'Università o addirittura vi vengono a citofonare a casa per convincervi a partecipare a dei 'corsi di marxismo' e ad acqistare questo giornale?


Dopo anni e anni di testa china e negazioni ripetute, ho colto al volo l'offerta di un mio amico: "Partecipo alla mia prima riunione di Lotta comunista oggi, mi fai compagnia?" Per profonda amicizia e per pruriginosa curiosità non ho saputo dire di no. All'ora prevista (15.15) ci siamo incontrati fuori Palazzo Nuovo (l'edificio principale dell'Ateneo di Torino) per poi recarci nell'Aula 22. La 'lezione di marxismo' ha avuto inizio verso le 15.30, quando un ragazzo in camicia e cravatta si è seduto dietro la scrivania e ha cominciato a parlare.
Sarebbe impossibile per me riportare qui il discorso (durato 1 ora) nella sua interezza, quel che posso fare è darvi una panoramica sintetica del messaggio che ci è stato trasmesso.

Come prima cosa, l'oratore ha sferrato un attacco alle ideologie che oggi spopolano, concentrandosi in particolare sugli ambientalisti. Non è possibile, in un mondo capitalista, salvaguardare tutto e tutti: per qualcuno che sta bene c'è sempre qualcun altro che paga. Quindi NO a tutte le ideologie. La critica qui mi stava scappando spontanea: "Ma il marxismo non è un'ideologia?" Essendo probabilmente preparato a questo genere di critiche, il ragazzo mi ha prontamente preceduto aggiungendo che il marxismo non è un'ideologia, bensì una metodologia, una "cassetta degli attrezzi" per costruire un sistema economico e sociale migliore. Tornerò più avanti su questo punto.

Poco dopo, l''insegnante di marxismo' ha proferito un paio di affermazioni che mi hanno a dir poco shockato: chi vuole entrare a far parte del partito deve astenersi dal voto e non fare uso di droghe, nè leggere nè pesanti. Questo perchè qualsiasi voto a qualsiasi partito è un contributo a rafforzare il radicamento del capitalismo e perchè tutte le droghe sono strumenti di controllo e profitto capitalista. Anche qui, vi chiedo di pazientare, prometto che in seguito ogni pezzetto di puzzle tornerà al suo posto per delineare il contorno di questa esperienza.

Continuando nel suo speech, il ragazzo in camicia ci ha spiegato che nella storia mondiale le metodologie del comunismo marxista sono state applicate solo una volta: durante la rivoluzione bolševica e il governo di Lenin.

Nel dibattito che ha seguito il discorso ho posto la seguente domanda: «Dici che il comunismo è un sistema perfetto e che sotto Lenin venne applicato pienamente, ma allora cosa è andato storto?» La risposta è stata celere e ben preparata: «Dopo la morte di Lenin non si può più parlare di vero comunismo, perchè Stalin instaurò con la forza un capitalismo di Stato (mascherato da comunismo) e soppresse ferocemente tutti i veri partecipanti della rivoluzione, tutti i veri comunisti. Il comunismo avrebbe funzionato, ma è stato estirpato con la violenza di una dittatura.» Non essendo preparato sulla storia del periodo, ho preferito non controbattere, per quello c'è sempre tempo.

Durante il dibattito, un altro ascoltatore ha posto una domanda interessante (n.d.r. la abbellisco e sintetizzo un po'): «Ma perchè il capitalismo non dovrebbe funzionare? A me sembra che rispecchi perfettamente l'animo dell'uomo. Il bisogno di prevalere sugli altri, di arricchirsi sempre di più, il menefreghismo, l'egoismo, è triste dirlo, ma sono tutti aspetti intrinsechi all'animo umano.» Anche qui, risposta pronta e confezionata: «Non sono d'accordo. Nel corso della storia, ciò che ha permesso all'uomo di evolversi, di crescere e di svilupparsi, non è stata la concorrenza, ma la cooperazione. Quindi, anche se fosse vero ciò che dici, per cercare il proprio bene, l'uomo dovrebbe comunque combattere la sua indole e ricercare la collaborazione tra gli individui e non la concorrenza.»

L'ultimo argomento è stato la vendita del loro giornale. Ci è stato detto che la vendita del giornale è l'anima del loro partito, perchè è il loro metodo principale per educare al marxismo le minoranze interessate e per acquisire fondi per la costruzione di un partito marxista di stampo europeo. Questo per non ritrovarsi disorganizzati ed isolati, come accadde ai bolševichi, quando ci sarà la prossima guerra mondiale (non SE, ma QUANDO), che potrà essere fermata solo con un'altra rivoluzione comunista, proprio come accadde nel '17.

Qui, alla fine del discorso, è partito il dibattito, i cui punti salienti (al di là di quelli che ho già riportato sopra) si riassumono in critiche contro lo stile in cui è scritto il loro giornale (complicato e sicuramente non adatto a coinvolgere la maggior parte dei già pochi lettori) e il fatto che il nome 'comunista' è ormai troppo compromesso dalla storia e il suo significato deformato da personaggi che a pugno alzato hanno poi fatto l'esatto contrario di ciò che il marxismo insegna. Purtroppo, su questi due punti, l'oratore ha dimostrato una certa chiusura mentale, appendendosi a motivazioni inconsistenti per poter dire: "no, questo non si cambia."

Poi saluti, strette di mano e ognuno per la propria strada... più o meno. Appena usciti dall'aula, uno dei comunisti si è precipitato a fare il simpaticone con me e il mio amico. E' stata una sensazione alquanto fastidiosa e, trovo, anche offensiva nei riguardi della nostra intelligenza: davvero mi reputi così stupido da non capire che cosa sta succedendo? Te lo spiego io: in quell'aula, mentre il cravattone parlava, tu e altri avete prestato attenzione non al discorso, ma a chi sembrava davvero interessato (e quindi una possibile preda) tra coloro che ascoltavano. Il mio amico ed io avevamo certamente mostrato un grande interesse per la questione, avevamo posto parecchie domande, sembravamo attivi. E così ci hanno sguinzagliato dietro il cagnolino di turno che ha il compito di fare le feste, leccare e fare gli occhi dolci. Sfortunatamente per lui, abbiamo capito subito che cosa stava succedendo e ce ne siamo liberati con l'indifferenza. Aggiungo un particolare che tra poco risulterà rilevante: il comunista di cui vi ho appena parlato (iscritto al partito) aveva in mano una sigaretta.

E ora il momento che mi piace di più: mettiamo insieme i pezzi del puzzle e creiamo un'immagine definita di ciò che ho visto e sentito.

Partirei dalla questione 'no droghe'. Voi, comunisti insegnanti di marxismo, mi siete venuti a dire che rifiutate e disprezzate qualsiasi uso di droghe, perchè sono metodi di controllo e profitto impiegati dal capitalismo per tenerci in pugno... Ma me lo venite a dire con una Marlboro in mano? Come potete pretendere di essere presi sul serio se vi sparate una gaffe simile? Mi sembrava di trovarmi in una vignetta di Vauro... Le sigarette non saranno categorizzate come droghe, ma la loro vendita di sicuro è uno dei principali sistemi di guadagno del capitalismo!

Inoltre mi sfugge un particolare: voi comunisti, cosa fate hic et nunc per cambiare il mondo? Siete astensionisti, quindi non votate, ergo non modificate nè in bene nè in male, l'assetto politico dello Stato. Ad ascoltarvi, l'idea che uno si fa di voi è questa: un gruppo di venditori di giornali che fanno sedute di indottrinamento al fine di reclutare altri venditori di giornali, per produrre altri giornali che richiederanno altri venditori di giornali, etc etc... E tutto questo per cosa? Per costruire, nel giro di chissà quanto tempo, un partito marxista europeo, costituito da minoranze (parole vostre) che possa sostenere e dirigere un'eventuale futura rivoluzione comunista di stampo bolševico la quale dovrebbe fermare un'eventuale futura Terza Guerra Mondiale che sarà l'apice della crisi del capitalismo. Mmm... ma questo non si chiama idealismo? E voi non eravate contrari alle ideologie?

Non so, forse sono ipercritico, ma tutta la vostra convinzione davanti ai miei occhi vacilla parecchio. Poi, per carità, è stata la mia prima e unica 'lezione di marxismo' e sicuramente intendo approfondire e invito tutti a provare almeno una volta ad ascoltarli perchè hanno tante buone idee quante idee piuttosto contestabili, ma è già meglio di ciò che si sente dire dai nostri politici, poco ma sicuro.

Senza ombra di dubbio, il mio giudizio avrebbe potuto essere più positivo se non fosse stato per il segugio reclutatore del Politecnico che ci è corso dietro scondinzolando quando abbiamo lasciato l'aula. Quando gli ho detto di non voler vendere alla gente qualcosa che non conosco bene e quindi di voler approfondire, prima di iscrivermi ad un partito, lui mi ha risposto con una frase agghiacciante: «Eh ma guarda che ci sono più di 40 libri spessi così da leggere se uno si vuole informare bene, mica vorrai leggerli tutti! Dovresti iniziare con piccoli passi: inizia a vendere il giornale e poi, piano piano, impari e studi». Certo, è più importante vendere il giornale che sapere cosa c'è scritto. Got it.

martedì 3 novembre 2009

Posso giocare anche io?

Autrice: Enrica

Da un’intervista a Confalonieri (grande amico di Berlusconi nonché collaboratore, spalla ecc ecc…), a proposito di Silvio.

Il senso dello Stato? La magistratura è importante.
«I giudici sono potenti e ci tengono ad esserlo. Berlusconi si difende».
Scappando dai processi, cambiando le leggi…
«Le leggi ad personam? Le fa per proteggersi. Se non fai la legge ad personam vai dentro. Una volta dentro, poi non ti chiedono scusa. È il sistema della giustizia i
n Italia. I magistrati sono gli unici che non pagano mai: irresponsabili».
Perché i magistrati ce l’hanno con lui?
«Viene vissuto come un parvenu, come un intruso».
E invece?
«Invece è un genio
».
Ma che senso aveva l’anticomunismo se il comunismo non c’era più?

«C’erano gli effetti della sbronza comunista. C’era ancora la paura del comunismo».
E Berlusconi ne ha approfittato. Marketing.
«Ma anche politica».
Glielo dice a Berlusconi che i comunisti non ci sono più?
«Glielo dico. Ma bisogna ammettere che è un ottimo argomento di vendita».
Politica e marketing…

«Se funziona... In fondo gli altri, pur di vendere copie, gli danno del pedofilo».
Molta ambizione…
«D’accordo, era pieno di sé, si sentiva migliore di quelli che vedeva intorno. Lui ha un naturale superiority complex. Si potrebbe dire che è un po’ bauscia. Ma ha dimostrato che è bravo: può permettersi queste cose».
Lei ha detto una volta:
«Berlusconi è un Ceausescu buono». «Intendevo un sovrano illuminato, tipo Re Sole».
Lui dice: «Purtroppo non ho il cinquantun per cento»...
«Trattare non gli piace. Gli riesce difficile prendere atto che la democrazia pone dei freni. Silvio è un uomo del fare. I freni gli danno fastidio. Ma non è un dittatore come dicono».

Questa lunghissima intervista a Confalonieri (tratta da lastampa.it) mi ha colpito molto. Confalonieri, giustamente, parla di Silvio come di un amico. Tranquillamente, espone difetti e, soprattutto, pregi del suo caro amico presidente. Ci ride su, alleggerisce i fatti, lo difende accusando le altre parti (gli amici lo fanno), parla di alcune delle sue mosse politiche come di bravate.

Va bene, Fedele, sei un buon amico. D’altra parte, avete girato il mondo insieme facendo piano bar sulle navi da crociera. Però, cerca di capire. Non è più un gioco, questo. Silvio ora è presidente del consiglio.. le cazzate che fa non riguardano voi due, ma quasi 60 milioni di persone. Più qualcuno all’estero.

Il tuo amico Silvio si è fatto strada, e tu insieme a lui. Vi siete divertiti, vi siete arricchiti, siete diventati importanti. Ora ci pensi tu a dirglielo che non è bravo a giocare al presidente del consiglio? Qualcuno gliele ha spiegate le regole prima? Forse non le ha capite! Dopo tanto tempo, uno si dimentica. Sarebbe il caso di rinfrescargli le idee. Le regole sono spiegate nella Costituzione Italiana, ricordi?

Poi, ci sarebbe da aggiungere ancora una cosa. Silvio non è l’unico giocatore in questo folle gioco. In teoria, saremmo in tanti. Un po’ tutti, ognuno è libero di partecipare. Non ho capito perché bisogna sempre fare vincere Silvio. Non gli hanno insegnato che in ogni partita c’è chi vince e c’è chi perde? Forse che lo fanno vincere perché è fastidioso vederlo piangere, dimenarsi, arrabbiarsi, urlare.. bè, sì, forse sì. Dopo un po’ uno si stanca, non ha più voglia e si arrende: “Ok, hai vinto tu. Contento?”.

Per concludere, ecco un altro assaggio dell’intervista.

Ho visto la sua tomba, nel mausoleo di Arcore.
«Una sciocchezza…»
L’ha fatta lui…
«Ma oh! Un po’ di megalomania gliela vogliamo dare?»
E diamogliela…
«Non avrebbe fatto quello che ha fatto se non fosse un po’ megalomane».

Ecco, proprio la parola che stavo cercando. MEGALOMANE. Solo un megalomane può mettere di mezzo 60 milioni di persone per fare i suoi porci comodi. Solo un megalomane ha bisogno di riflettori di tutto il mondo puntati addosso per sentirsi realizzato. Solo ad un megalomane è concesso di vincere sempre, o al massimo perdere, ma non secondo il regolamento. Perché non sono previsti salti turno o penitenze, per i megalomani.

Perché non sono previsti salti turno o penitenze, per i megalomani?

lunedì 2 novembre 2009

La S sta per Silvio.

Autore: Simo


Roma, 1 nov. (Apcom) - Venerdì l'apertura a Massimo D'Alema, la tentazione di svelenire il clima politico. Oggi un affondo durissimo, una promessa che farà discutere: Anche se mi condannano, non mi dimetto. Silvio Berlusconi, intervistato da Bruno Vespa, affronta lo spinoso argomento dei processi a suo carico, ripartiti dopo la bocciatura del Lodo Alfano. Il Cavaliere premette "Ho fiducia nell'esistenza di magistrati seri che pronunciano sentenze serie, basate sui fatti". Poi però aggiunge: "Se ci fosse una condanna in processi come questi, saremmo di fronte a un tale sovvertimento della verità che a maggior ragione sentirei il dovere di resistere al mio posto per difendere la democrazia e lo stato di diritto". Il premier non si limita a giurare che andrà comunque fino in fondo, ma interviene anche nel merito del processo Mills: "E' una sentenza che certo sarà annullata dalla Corte di Cassazione". Per Berlusconi, d'altra parte, il Presidente del Consiglio subisce una campagna internazionale "partita da 'Repubblica' e l''Espresso', per gettare fango su di me".

Fonte:
http://www.apcom.net/newspolitica/20091101_050840_3f88790_74939.html

Avete letto bene? Vi siete concentrati sulle frasi che vi ho messo in grassetto? Non vorrei mai fraintendere, vi dico ciò che ne deduco io e, se non siete d'accordo, commentate liberamente.

Praticamente, il nostro Premier Silvio Berlusconi afferma di avere piena fiducia nell'efficienza della magistratura italiana e poi aggiunge che se dovesse essere condannato sarebbe un errore della medesima magistratura o, peggio ancora, un piano diabolico per sradicarlo dalla sua poltrona... e quindi rimarrebbe comunque al suo posto per combattere il male al fianco di Mazinga e Ufo Robot.
Ecco, a questo punto mi chiedo: che limiti ha una figura politica che, anche se sotto condanna, continua comunque ad esercitare la sua carica, pur se inquinata dai crimini commessi? E soprattutto, a cosa si riduce il potere decisionale del popolo su chi deve sedersi su quella poltrona?

Non metto in dubbio che quasi il 35% dei votanti italiani (la maggioranza percentuale) nelle ultime elezioni ha votato il partito di Berlusconi, ma il Berlusconi che hanno votato allora non era sotto condanna. Non è una differenza da niente. Nel caso in cui fosse veramente condannato, per "difendere la democrazia" dovrebbe come minimo accettare di indire delle nuove elezioni, in modo tale da permettere a coloro che l'hanno votato in precedenza di decidere se il fatto che sia condannato è un problema o meno e di conseguenza se tenerlo al suo posto oppure eleggere qualcun altro. Purtroppo in Italia non esiste una legge che costringa il Premier a comportarsi in maniera democratica e dubito ci si possa appellare alla sua moralità.

Il Premier però aggiunge che se venisse condannato si tratterebbe di un "sovvertimento della verità" e quindi ci pone di fronte a un bivio: aut viene assolto e quindi la magistratura agisce bene e ci si può ancora fidare della giustizia italiana aut viene condannato e quindi la magistratura non è altro che un branco di cospiratori comunisti che vogliono incastrarlo. In ogni caso, le sue dimissioni non sono contemplate.

Ma dove si arriverà di questo passo? Allora se Berlusconi dovesse perdere alle prossime elezioni si tratterebbe di brogli e quindi rimarrebbe comunque al suo posto? Non dovesse essere rieletto, accuserebbe il popolo di cospirare contro di lui e rimarrebbe al suo posto, magari continuando ad asserire che il 70% degli italiani è con lui?

Non si deve mai sottovalutare il potere delle parole. Con quelle parole Silvio Berlusconi ha affermato che non esiste una circostanza legale che lo possa porre in condizione di essere rimosso dalla sua carica, niente di più e niente di meno. E allora dov'è la democrazia se il popolo non ha più un vero potere elettivo? Dov'è l'uguaglianza se il Premier si può permettere di commettere qualsiasi reato e passarla sempre liscia, accusando i giudici di inefficienza o addirittura di cospirazione? Dov'è la giustizia se le leggi più elementari della nostra Costituzione vengono viol(ent)ate?